Tutte le imprese per lo svolgimento delle proprie attività si dotano di beni che contribuiscono alla formazione del reddito. Se tali beni hanno utilità di carattere pluriennale e generalmente, ma non obbligatoriamente, valore di costo al di sopra di una soglia minima, vengono definiti cespiti.
I cespiti possono avere natura di tipo materiale o immateriale ma per essere considerati beni strumentali devono avere tutti la caratteristica di essere coinvolti in maniera diretta nel ciclo produttivo aziendale. Per ciclo produttivo aziendale si intende tutti i processi di qualsiasi natura funzionali alla corretta produzione dei beni ovvero all’adeguata erogazione dei servizi. I cespiti hanno poi un periodo delimitato di utilità (al termine del quale avviene la dismissione dei cespiti) la cui durata dipende dalla natura tipologica e merceologica dei medesimi e dal loro grado di suscettibilità a vetustà fisica o tecnologica, meglio definita con il termine obsolescenza.
Oltre agli elementi ordinari, sopra indicati, riscontrabili nella vita utile di un cespite, esistono poi eventi di carattere straordinario che possono determinare la perdita improvvisa sia fisica che di utilità dei beni. Rientrano in questa fattispecie i danneggiamenti, il furto ma anche improvvise scelte strategiche di carattere aziendale che determinano rivisitazioni o accantonamento di business che possono comportare la perdita dell’elemento di strumentalità in quei cespiti funzionali solo a quel determinato e specifico ambito.
Appare quindi chiaro come il tema della dimissione cespiti rappresenti evento frequente nella gestione delle aziende che merita opportuno approfondimento delle varie implicazioni connesse all’evento.
DISMISSIONE DEI BENI STRUMENTALI
La dismissione dei cespiti aziendali è un processo regolato da precise normative contabili e fiscali che devono essere scrupolosamente seguite per evitare contestazioni e sanzioni.
La dismissione del cespite si origina generalmente da due differenti fattispecie, riconducibili alla presenza o meno di valore di utilità residuo:
- la cessione a titolo oneroso del bene;
- la rottamazione cespiti;
Per cessione a titolo oneroso si intende la vendita o la permuta, a soggetti terzi, di cespiti strumentali che hanno perso, in termini relativi, la loro utilità o adeguatezza alla contribuzione alla formazione del reddito dell’impresa.
Con il termine rottamazione è invece indicato il processo attraverso il quale avviene l’eliminazione cespiti a seguito di una condizione assoluta di obsolescenza del bene che comporta la non utilizzabilità del medesimo e la contemporanea assenza, o mancata convenienza, alla cessione sul mercato.
Esiste poi una fattispecie particolare di dismissione cespiti per perdita di utilità relativa, la donazione, che non prevede scambi in denaro o materia ma che è soggetta a normative fiscali analoghe a quelle applicate per la cessione a titolo oneroso dei beni.
A seconda che il bene venga ceduto per negozio oppure per rottamazione, diverse risultano le implicazioni di carattere fiscale, contabile e patrimoniale.
DISMISSIONE CESPITI: LA NORMATIVA
Il DPR 441/97, rubricato come "Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto", disciplina in modo specifico la dismissione dei cespiti aziendali.
La presunzione di Cessione
L'articolo 1 del DPR 441/97 stabilisce una presunzione di cessione per i beni aziendali non rinvenuti nei luoghi di attività del contribuente o dei suoi rappresentanti. Tale presunzione opera se non si dimostra che i beni:
- Sono stati impiegati per la produzione:
- L'utilizzo del bene per l'attività produttiva aziendale può essere dimostrato tramite la documentazione contabile, i registri di produzione e le fatture di acquisto.
- Sono stati distrutti o perduti:
- La distruzione o la perdita del bene deve essere comprovata da idonea documentazione, come verbali redatti da pubblici ufficiali, dichiarazioni sostitutive di atto notorio o formulari di identificazione per lo smaltimento dei rifiuti.
- Sono stati ceduti a titolo gratuito:
- La cessione a titolo gratuito deve essere documentata da un atto scritto, come una scrittura privata o un atto pubblico.
Le Esclusioni
L'articolo 2 del DPR 441/97 elenca alcune ipotesi in cui la presunzione di cessione non opera, tra cui:
- Beni in locazione o comodato:
- I beni aziendali dati in locazione o comodato a terzi non sono soggetti alla presunzione di cessione.
- Beni in leasing:
- I beni in leasing non sono considerati di proprietà del contribuente e quindi non sono soggetti alla presunzione di cessione.
- Beni in corso di costruzione o di allestimento:
- I beni in corso di costruzione o di allestimento non sono ancora utilizzabili per l'attività produttiva e quindi non sono soggetti alla presunzione di cessione.
Si tratta quindi di una norma che nella sostanza, salvo le casistiche sopra riportate, presume che siano stati ceduti tutti quei cespiti che
non si trovano più nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti.
E’ quindi centrale che anche in fase di
revisione straordinaria dei cespiti e di
riconciliazione fisico contabile vengano attuate tutte le procedure per la corretta individuazione dei beni ed il costante monitoraggio della loro ubicazione per evitare che la verifica straordinaria comporti criticità a livello contabile e fiscale con necessità, in casi estremi, di operazioni di sanatoria a seguito della presunzione di realizzo extra contabile.
DISMISSIONE DI BENI AMMORTIZZABILI: CESSIONI ONEROSE
La dismissione cespite, a fronte di un introito in denaro o a titolo di permuta, genera un’operazione contabile di natura straordinaria che ha riflesso sia sullo stato patrimoniale che sul conto economico dell’azienda. A fronte dell’operazione in entrata, pari alla somma realizzata per la vendita del cespite, si può generare un introito ovvero una perdita di carattere straordinario rispettivamente definiti plusvalenza o minusvalenza patrimoniale. Tale importo è pari al valore di cessione detratto il valore residuo del cespite. Se la differenza è positiva si parla di plusvalenza patrimoniale, se invece il valore è negativo si tratta di minusvalenza. Entrambi gli importi contribuiscono alla determinazione dell’utile d’impresa sotto forma di onere o ricavo straordinario.
La procedura fiscale per vendere un bene aziendale in Italia varia a seconda del tipo di bene e del regime fiscale dell'impresa. Tuttavia, di seguito sono riportati i passaggi generali:
1. Valutazione del bene:
- Determinare il valore fiscale del bene, che può essere il costo storico, il valore di mercato o un valore convenzionale.
- Considerare eventuali plusvalenze o minusvalenze che potrebbero derivare dalla cessione.
2. Imposte sul valore aggiunto (IVA):
- Se il bene è soggetto ad IVA, applicare l'aliquota IVA corretta alla transazione.
- Emettere una fattura o altro documento fiscale al cliente.
3. Imposte sul reddito:
- Calcolare la plusvalenza o minusvalenza derivante dalla cessione e la relativa tassazione o deducibilità.
- Registrare la transazione in contabilità e nel libro giornale.
4. Dichiarazioni fiscali:
- Dichiarare la plusvalenza o minusvalenza nella dichiarazione dei redditi dell'impresa.
- Conservare la documentazione relativa alla transazione per eventuali controlli fiscali.
Adempimenti specifici:
- Per beni immobili, è necessario aggiornare il catasto e pagare l'imposta di registro.
- Per beni strumentali, potrebbe essere necessario versare l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze.
DISMISSIONE E DISTRUZIONE DI BENI AZIENDALI
In questa tipologia ricadono le casistiche di dismissione cespiti obsoleti, rottamazione cespiti e più in generale la dismissione di beni senza alcun introito di carattere straordinario. Come illustrato in precedenza, il Dpr 441/1997 all’articolo 1, in assenza degli elementi specifici sopra menzionati, introduce il principio generale della presunzione di cessione. Tale norma è stata parzialmente cassata dall’introduzione ex D.lgs 70/2021,articolo 7, comma 2, lettera z, di una soglia minima di 10.000,00 euro di valore originario dei beni per i quali è possibile adottare procedure semplificate di cessione.
COME EVITARE LA PRESUNZIONE DI CESSIONE
- Beni con valore di acquisto > 10.000,00 Euro.
La procedura ordinaria, come regolamentato dall’art.2, comma 4 del DPR 441/97 prevede le seguenti formalità:
- Invio all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza di comunicazione indicante dati specifici sull’operazione di eliminazione beni strumentali quali luogo e data delle operazioni, modalità di distruzione, descrizione della natura, qualità e quantità nonché il valore presunto alla data di dismissione cespite e indicazione dell’eventuale valore residuo ottenibile dopo il processo di rottamazione;
- redazione di verbale di dismissione redatto dall’amministrazione finanziaria o in sua assenza da un notaio;
la comunicazione di preavviso di smaltimento cespiti dovrà pervenire agli organi competenti con almeno 5 giorni di preavviso rispetto alla data prevista per la rottamazione cespiti.
L’opzione migliore in questa tipologia di dismissione cespite è quella di affidarsi ad operatori specializzati nello smaltimento dei rifiuti che saranno in grado di produrre tutta la documentazione tecnica (DDT e formulario di identificazione rifiuto) necessaria al corretto svolgimento pratico e burocratico dell’attività.
- Beni con valore di acquisto < 10.000,00 Euro.
Produzione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dal contribuente da esibire in caso di verifica/controllo. Tale procedura sostituisce la redazione del verbale da parte di pubblici ufficiali; viceversa la comunicazione all’Agenzia dell’Entrate rimane obbligatoria. Anche nella dichiarazione sostitutiva devono comunque essere riportati ora, data e luogo in cui i beni vengono rottamati e la natura, la quantità, la quantità e l’ammontare del costo dei bei distrutti.
In ogni caso l’operazione di eliminazione cespiti determinerà l’obbligo di eseguire un aggiornamento del libro dei cespiti con rilevazione di eventuale plus o minus valenza.
COSA FARE SE NON SI RITROVANO I CESPITI
E’ la casistica tipica che si verifica dopo un attività straordinaria di censimento e conseguente riconciliazione fisico contabile ed è da ricondurre, nella stragrande maggioranza dei casi, ad eliminazione sommaria di cespiti senza l’adozione delle corrette procedure di rottamazione.
La possibile soluzione dal momento che non è esperibile la procedura ai sensi del DPR 441/97 in quanto i beni non sono più esistenti e dato che non vi sono specifiche indicazioni dell’AAEE può essere la seguente (esp. Risponde il sole 24ore del 14.09.1998) :
- per le ditte individuali o società di persone: redazione da parte del titolare o amministratore di un verbale (o meglio atto notorio) nel quale si evidenziano i beni non più presenti fisicamente, da riportare sul libro inventari o sul libro dei beni ammortizzabili (per contabilità semplificata) al fine di conferire ufficialità e data certa.
- società di capitali: redazione di un verbale da trascrivere sul libro delle adunanze del consiglio di amministrazione. Il collegio sindacale, se esistente, ne potrà prendere atto in occasione delle verifiche periodiche. In ogni caso in tale verbale deve risultare l’elenco dei beni con i relativi valori contabili e il fatto che i beni in oggetto sono completamente ammortizzati.